Maria Antonietta è, o dovrebbe essere, la ragazza di un ragazzo che conosco. É anche una tizia che non mi ha voluto mettere “Kooks” di David Bowie (che era la nostra canzone quando c'avevo la ragazzetta ed ero bello in quanto magro) durante una specie di digei set prima di un concerto di quello che poi sarebbe diventato il ragazzo. Il che la rende o una santa o una stronza, a seconda dei punti di vista, ma diciamo che mi ha salvato la vita, a suo modo, quella sera. Quindi bella per Maria Antonietta e per la sua maglietta col cuore sulla mela grande (mi piace ricordarla così). Oltre a queste cose, però, la Leti (si chiama Letizia, come la qualità) di Fano (o di Pesaro, boh!) è anche una fottuta rock singer con litri di sangue e non so bene quanti anni di preciso (sto cercando di ricordare a memoria il suo comunicato stampa, o quello che è), che ha fatto delle robe prima in un duo dal nome ambiguo (non ho mai capito se Polsi Giovani abbia qualche riferimento onanistico, chissà!) e poi da sola in inglese. E poi eccola che arriva qui, pimpante come la rossa Pippi dalle lunghe calze, armata di occhiali da sole e lentiggini, con un disco nella lingua dei suoi genitori, amici, conoscenti, parenti, nemici, noi. Da quello che mi hanno detto il disco in inglese era una figata e questo dovrebbe essere quello commerciale, ma non so se crederci, però non ho modo di saperlo, visto che il disco in inglese non mi sono preoccupato di comprarmelo (sono una merda, lo so). Io posso dire una cosa: MariaAntonietta è molto brava nel gestire sé stessa e il suo personaggio (non so sia gestita o se si gestisca, a dire il vero), il concept è chiaro e declamato in tutte le sue sfaccettature nel corso del suo primo album italico, con tanto di rischio ridondanza costantemente sulla propria testa. Quanto ci sia di costruito e quanto ci sia di assolutamente autentico non sta a me dirlo, ma devo dire che dal punto di vista del mercato funziona. A patto che abbiate una cinquina di anni meno di lei e circa dieci meno di me, però. E che non odiate il maledettismo. Non c'è nulla di male in questo "calcolo" da parte sua, se si fa una cosa per lavoro la si fa guardando anche al proprio target, non sarò io a deprecare la Leti per questo. Il punto è un altro: i versi di MariaAntonietta, la sua voce, la sua musica, al di là di essere un ottimo strumento di marketing, sono qualcosa di davvero ragguardevole? É abbastanza difficile rispondere a queste domande, più che altro per problemi legati alla mia onestà intellettuale, fare cioè in modo che la mia naturale antipatia di stampo misogino non inquini il mio giudizio. Partiamo dai testi: "MariaAntonietta" per la maggior parte delle tracce mi irrita fortemente, ma se fossi una persona che deve avere a che fare con un disagio psicofisico che si presenta puntualmente ogni mese probabilmente potrei persino apprezzare questo album. Perchè è pieno di quella fastidiosa irrazionalità tipica di certi personaggi femminili, ha dei bei modelli femministi e dice con disinvoltura la parola “scopare” (suppongo sia una sorta di rivendicazione, ma non so di cosa), parla di questioni di cazzo (o di amore, fate voi) come se fossero fondamentali e si permette tutta una serie di stupidate (in senso buono) che se le facessi io verrei presi a calci nel culo fino a Marte. La musica fa il suo onesto dovere senza particolari picchi e/o rischi di sorta, gli arrangiamenti sono azzeccati (non ho capito bene se li abbia curati il buon Damiano Simoncini oppure no) e funzionano, nonostante il tutto sia, io credo, consapevolmente in ritardo di una quindicina di anni sul resto del mondo della musica (sembra essere diventato il modo più semplice per risultare originali, paradosso notevole), ammicando alla signora Amore in Cobain (ecco lei sì che mi sta sulle palle) e Pigei varie. La voce è iritante, ma è tutto voluto, sono scelte artistiche, non è che canti così perchè è stonata, o almeno non credo. Per farla breve, anche per ragioni meramente anagrafiche questo album NON è il disco della maturità, ma è il segnale chiaro e forte del fatto che a Letizia non manca quello che molti artisti oggettivamente più bravi di lei non hanno ancora trovato: un concept di base. Sfortunatamente questo concept è anche la croce di “MariaAntonietta”, il disco intendo, perchè una volta assorbito quello resta davvero ben poco di tutto il resto. Se dovessimo fare una cernita di tracce vi direi che quelle da evitare sono il singolone (non me ne voglia nessuno, ma è proprio insopportabile) e “Maria Maddalena”, mentre le prime tre tracce e l'ultima sono quasi delle piccole perle (specie l'opening track), i pezzi più pop sono trascurabili mentre quelli “punk” sono simpatici. Avrei voluto meno ketchup e più sangue vero e proprio, da questo album, e un po' meno di “io” che fa rima con “mio”, meno autoreferenzialità, per essere più chiari. Complimenti per la personalità artistica ma la mautrità è ancora un po' lontana. Ah un'altra cosa: le interviste. Sono quelle che rovinano un personaggio in fondo delizioso, ripartirei da lì per conquistare i pochi che proprio non la digeriscono :-)
venerdì 30 marzo 2012
il mio grande ritorno sulla scena dei bloggers: MariaAntonietta, il disco di MariaAntonietta. yo!
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