giovedì 11 febbraio 2010

Il tuffatore (Giurato. Flavio, non Luca)




Il Tuffatore é un disco dell'ottantadue mi pare. Dovrei andare su Wikipedia e vedere quando é uscito, ma non mi va, perchè sono pigro.
Tuttavia Il Tuffatore é anche un concetto piuttosto interessante, se ci pensate.
Cadere con stile:
é una cosa che sanno fare i gatti e i tuffatori.
e taluni nel mondo del calcio. ma loro lo fanno in maniera immorale, maliziosa. i tuffatori e i gatti invece no, anche se nei tuffatori c'é però quel pizzico di narcisismo che i gatti non hanno, perchè i gatti cadono con stile ma senza virtuosismo, é una questione di istinto perseguire la bellezza (o la salvezza, dipende dai casi e dal dna, o dall'oroscopo).
Così, se cadi con stile e non miagoli sei per forza di cose un tuffatore (per amor di logica: sì, i gatti non si butterebbero mai in acqua e non esistono tuffatori su terra, a parte i giovani che si dedicano al parkour, ma sono una minoranza silenziosa e impotente... insomma, scusate, ma tanto é un blog, mica il Fatto Quotidiano che tanto piace, posso dire cose stupide e inutili).
E allora cadere diventa bello, parlare del cadere diventa bello, differenziarsi da quelli che volano grazie a dio, o a qualche particolare propellente sperimentale, o alla morte, affascinare il mondo per come tocchi l'acqua senza farti male, rinascere. Questo é quello che ci vedo io, nel concetto di Tuffatore, se poi é quello che vuole dire Flavio Giurato io non lo so, ma so che per almeno metà di questo disco la sua musica mi piace, e mi piacciono i suoi testi, così poco poetici e così intelligenti.
L'altra metà é più difficile da avvicinare, per un individuo della mia età e della mia indole, così poco propensa alla storia con la S maisucola, quella ufficiale ed ufficiosa dei settanta, lontana dalle vicende e vicina ai fatti, ma ha un suo valore, ne sono certo. Tuttavia vorrei parlare della mia metà, quella che non capisco e che in parte ho dunque capito.

Quella che fa dire a Giurato (Flavio, non Luca, per amor della precisione) una cosa del genere:

Amore amore amore
Figliola non andare coi cantautori
Amore amore amore
Che poi finisci nelle canzoni

é una metà piuttosto semplice, fatta di concetti che chiunque potrebbe fare propri, se solo sapesse cantare e se solo avesse una passione per le cadute con stile. Giurato non vola, e probabilmente se ne frega, lui é di quelli che preferiscono cadere, e rinascere ogni volta dall'acqua all'aria, canta con una voce trascinata che a tratti può ricordare Rino Gaetano o il De Gregori migliore (che, per intenderci, é da cercarsi nel disco "Bufalo Bill", per lo meno dal punto di vista vocale), e che a volte invece diventa qualcosa di personale e particolare, difficilmente associabile ad altro. La musica non é fatta di momenti imperdibili, a mio parere, le costruzioni sono interessanti ma nulla di "esclusivo", le accelerazioni e i cambi improvvisi erano già nel patrimonio genetico di un certo cantautorato colto e forse utilizzati con maggior efficacia da altri. Per altro quel sax, per quanto ben suonato, dà una patina anni ottanta a un disco che poco ha a che spartire con quell'epoca (come tutti ben sanno, non si passa da un'adolescenza all'altra in una notte: il disco sembra più un figlio concepito nei settanta che degli ottanta, nonostante la produzione. e la nascita). Però.
C'é una cosa che mi fa davvero stupire del lavoro di Giurato, (Flavio, non Luca).
Le intuizioni. Ecco, mi sembra che il disco sia davvero moderno e furbetto (per la prima volta uso queste parole in un'accezione non negativa, che spero venga recepita correttamente), concettuale, interessante, pieno di quei riferimenti che potresti trovare oggi in un Dente, in un Bugo (che a livello di voce lo ricorda moltissimo, chissà se lo ha ascoltato!), o nei Baustelle... sembra che riesca ad essere più retrò di costoro, pur trovandosi in un epoca contigua a ciò cui sembra fare riferimento... si evince da pezzi come Valterchiari, la straordinaria Introduzione o anche il bel finale Notte di concerto una grandissima intelligenza nell'approcciarsi al MESTIERE di cantautore, a scapito forse di una certa spontaneità o genuinità, che può probabilmente aver trovato impreparato il pubblico di quegli anni. Perchè un disco come questo farebbe sbrodolare un sacco di appassionate del cantautorato indie. Altro che Brondi, o Peveri, se Giurato fosse giovane e bello (o anche solo giovane), avrebbe una groupie diversa ogni sera. Il che non sarebbe necessariamente un bene, ma é per rendere l'idea, of course.
Perciò sì, credo che questo disco sia attualissimo, a parte quel sax, proprio perché il suono attuale dei cantautori sembra ricercare il passato con irritante insistenza. E mi sembra persino migliore, come spesso capita nei confronti tra originale e remake. E poi, a parte tutta la puntiglioseria, credo che ci siano almeno una decina di frasi che valgono da solo l'acquisto del disco, cito solo:

Un giocatore è diverso da tutti gli altri passanti
Ma anche una donna alta non è mai banale
Sarà per lo sguardo necessariamente superiore

mentre un post a parte dedicherebbe la title track: perfetta, breve, incisiva. power.
non si nasce mai nel posto adatto e nel tempo adatto.

mercoledì 10 febbraio 2010

La Prima Cosa Bella (Paolo Virzì)



togli il dente e togli il dolore: é il miglior film che ho visto negli ultimi sei mesi. il che non ne fa un film perfetto, ma direi che la cosa non é grave: dio é perfetto, dio non esiste, la perfezione non esiste. é meglio così. altrimenti ti arrivano delle perle come l'opera dello stilista tom ford che al di là dell'algida bellezza sembrano offrirti le stesse cose che potrebbero procurarti i fratelli lehman. della bellezza ce ne sbattiamo, siamo alternativi noi, abbiamo fidanzate bruttine e, se ci va bene, vestiamo male perchè lavoriamo in banca, e amen. quindi, la prima cosa bella é bello, cioé non é brutto, non fa schifo, quindi: laurea con lode a virzì. che ha fatto film belli e film brutti, del tipo che Ovosodo lo guardo ancora volentieri, la Bella Vita (che non é "La vita é bella"!) pure, gli altri un po' meno. in particolare bisogna dire che in questo caso il film di virzì ha il pregio di non esagerare. il che può anche essere letto come un non osare, ma dipende dai punti di vista: ad esempio a me piacciono le ragazze in carne, gli altri dicono che ho una perversione per le ragazza grasse, e qualcuno dice che sono sensibile, mentre altri pensano che io sia un frocio mancato. insomma, rendo l'idea, no? ecco, io sono di quelli che "é meglio non abbondare piuttosto che eccedere". in culo ai latini e ai saggi. e dunque virzì sì. perchè mica é facile reggere alla tentazione di far piangere le donne per farti dire sì, il regista e l'artista sono individui seduttivi per tendenza, non ci fanno apposta: ti fottono la ragazza senza farci apposta, é un film vecchio, eh. ma virzì no, perchè virzì conosce il dono della misura: in questo film ci saranno due grossi litigi per un totale di circa sei minuti, che sono tipo il due per cento di quelli presenti invece in "baciami ancora" (che per dircela in modo carino, fa davvvero evacuare). e anche se la storia la potresti scrivere su un post it (lui non vuole vedere lei, ma poi torna da lei giusto in tempo per vederla morire. solo che lui é il figlio e lei é la madre, e stop), va bene, perchè in fondo il film non ha una trama assurda, non ha un un intreccio leggendario: é la commedia dell'Italia, senza quella pretesa generazionale che il tema rischia di imporre. il fatto che sia simile a una tipica Commedia all'Italiana é solo un caso, secondo me, e se é voluto non é un mero recupero di certi codici per quanto riguarda la grammatica, quanto più una necessità di esprimere un'epoca che si differenzia dalla nostra (in qualche modo era necessario esprimere il salto temporale nei due momenti della narrazione, anche perchè abbiamo un montaggio in parallelo piuttosto che una sequenza cronologica regolare). difendo questo film perchè ha il pregio di saper gestire almeno il novanta per cento della sua totale durata, e per una rara volta i suoi momenti deboli non sono nel finale (cazzo, ma ci avete mai fatto caso? ogni film italiano che esce sarebbe un potenziale buon film se non fosse per l'ultima parte in cui devono stiracchiare il finale a tutti i costi per almeno un quarto d'ora...), quanto in alcune (poche a dire il vero, ne ho contate due) pericolose sbandate verso il sentimentalismo da cui però, dato il tema, era difficilissimo salvarsi. infine, gli attori non sono incredibili, ma virzì li sa dirigere, come se avesse preso le caratteristiche peculiari di ciascuno di loro e le abbia appiccicate ai protagonisti. risulta brava persino la sua adorabile e per nulla talentuosa mogliettina (la sindrome di yoko non risparmia nessuno...). tutto questo per specificare che credo che La Prima Cosa Bella non sia un capolavoro, ma almeno non fa schifo e non mi fa pentire di aver iniziato un lavoro che in qualche modo serve anche a produrre pellicole in italia. e per ricordare a tutti che se in italia i registi iniziassero a fare film probabilmente le cose andrebbero bene. ps: scusate, ma in epoca di fobia da spoiler non rivelerò tendenzialmente nulla in queste mie divagazioni