giovedì 4 ottobre 2012

Alessandro Fiori "Attento a me stesso" (2010)


La fortuna/sfortuna di essere completamente indipendente (c'è un altro aggettivo per esprimere meglio la mia posizione: ignorato) nei confronti di qualsiasi scena musicale emerge in quei rarissimi casi in cui si scopre con tantissimo ritardo un talento che per un motivo o per l'altro hanno invece scoperto tutti gli altri. In questo caso si parla dell'enorme talento di Alessandro Fiori, splendido 35enne aretino, ex voce di un gruppo particolarmente noto ai fan dell'indie italiano, vale a dire i Mariposa. Il mio giudizio sulla band in questione è da sempre ambivalente, diviso tra l'ammirazione per una capacità di suonare indiscutibile e la perplessità di fronte alle eccessive pippe mentali per quello che riguarda la struttura delle varie canzoni (escludendo l'album omonimo, il disco più pop). Dell'esperienza accumulata in quel gruppo, Alessandro si porta dietro un numero di bravissimi musicisti ospiti in questo album (si vedano ad esempio Enrico Gabrielli ed Enzo Cimino, ma anche Marco Parente o il buon Alessandro Stefana) e un immaginario in fase di formazione che qui raggiunge la sua completezza. Che Alessandro abbia tutti gli strumenti per essere un CANTAUTORE con tutte le lettere in maiuscolo è evidente dalla prima straordinaria traccia in cui il lavoro sul testo va ben oltre la stesura di parole adatte alla relativa melodia. C'è tutto un preciso personaggio letterario nelle parole del signor Fiori, distante dalle fotografie realistiche che potrebbero offrire molti degli attuali cantautori, esente da invecchiamento e tuttavia mai abbastanza giovane per essere ingenuo, pensieroso e con lo sguardo alla finestra e sui piedi. Questo nelle prime tre tracce, nella bellissima “Senza le dita” (da ascoltare con il rischio commozione se avete dei particolari trascorsi con Bacco e Venere) e nella finale “Trenino a cherosene”, tutte colpevoli di affossare il resto del disco, composto di buoni brani ma immensamente meno validi come manifestazione del talento dell'autore. Non so se sia una questione di ispirazione o di eccesso di essa (più probabile la seconda cosa), ma in tracce come “Lungomare” e “la Vasca” siamo di fronte a dei bei pezzi che poco o nulla hanno a che fare con l'enorme autore delle altre tracce e ancor di meno con molto del lavoro svolto in compagnia dei Mariposa. Fermo restando che si tratta comunque di brani scritti bene e cantati meglio, è bene specificarlo. Quello che manca ai brani più deboli è sicuramente la dimensione intima offerta dagli altri pezzi, capaci di far venire alla luce tante piccole sfaccettature della creatura “letteraria” che Alessandro ha in qualche modo creato. É l'essenziale che si perde, nel corso della durata del disco, teoricamente troppo breve per annoiare come invece ogni tanto avviene (non succede spesso). Si tratta del lavoro imperfetto di un artista che ha un talento davvero immenso, una voce perfetta per quello che vuole fare (sì, ok, ora vi dico quali echi sono ravvisabili, altrimenti la recensione non vi piace: Gino Paoli e Sergio Endrigo, ma ci arrivavate pure da voi!) e una penna più volte impugnata dalla Musa stessa, perciò mi sento di consigliarvelo, poiché in quella manciata di brani riusciti viene invalidato più di un goffo tentativo di essere cantautori negli ultimi dodici anni. E andate a vederlo dal vivo, perché spacca ed è bello da vedersi!


Nessun commento:

Posta un commento