sabato 6 ottobre 2012

Headnodic - Red Line Radio (2011)

E riecco qui Headnodic, che si ripresenta al pubblico dopo l'uscita coi suoi amici cani (che non mi aveva personalmente convinto del tutto) con quello che è il mio incubo ogni volta che si tratta di scrivere una recensione: un discone di diciannove tracce con uno sproposito di mc's che, per altro, conosco solo fino a un certo punto. Anche in questo caso il mio approccio è lo stesso usato per altri album del genere: prediligo parlare dell'aspetto produttivo, trattandosi di un disco di un produttore e non di mille mc's. Rispetto a quello dei Destruments, recensito in precedenza dal sottoscritto, devo dire che qui abbiamo meno ricerca costante di classicità vera e propria (e la cosa non può che rendermi felice), seppure l'utilizzo di campioni storici fa capolino tra una traccia e l'altra. Il tocco di Headnodic, a mio parere, manca un pochino di personalità nonostante sia innegabile che il signore in questione, come scritto anche altrove, sappia quali tasti spingere. Siamo in presenza di un disco con brani che potrebbero essere quasi tutti ottimi singoli, ma l'idea che mi sono fatto è che manchi un po' di quel tratto distintivo che potrebbe fare di Headnodic un nuovo Dj Shadow (sarebbe in effetti bello riavere indietro il vero Shadow, ovunque si sia cacciato). Forse il problema è proprio nella varietà eccessiva del tipo di suoni, sembra che la parola d'ordine di tutto il lavoro siaversatilità, e su quel fronte direi che non si può davvero dire nulla di male. Tuttavia, credo che il disco di un produttore debba stabilire immediatamente con che tipo di artista abbiamo a che fare e qui un pochino si arranca nel cercare di capirlo. In ogni caso, questa è una di quelle famose questioni da criticoni ed esteti, la realtà è che ci sono moltissime tracce davvero ben fatte. Prendiamo il terzetto iniziale dei brani, che potrebbe benissimo costituire l'inizio perfetto per un buon album della Bay Area (fa piacere risentire Lateef che dice il vero assieme al suo amico giapponese, dopo tanto tempo), con una soluzione di continuità che è davvero piacevole. Gran bei pezzi, ottimo mood soleggiato e una produzione che fa il suo maledetto dovere. Però, allora, come mai da qui si arriva fino a un capolavoro incredibile come "Pepper's Lullabye" (una strumentale di bellezza logorante, semplicemente da brividi), passando per tracce dal gusto Hip-Hop classicone (in realtà si fa per dire, ma sicuramente il beat-box campionato è un ammiccamento ai bei tempi che furono) come "Cough Drop" e "Durty Diamonds"? E in tutto questo, non stona almeno un po' un ottima traccia come "Viles" (con un Myka 9 in forma assolutamente più che discreta), che sembra venire da un altro disco? So che la mia può sembrare pignoleria e che per un ascoltatore tipo di musica Rap forse possono contare di più le rime, ma su quello non ho molto da dire, se la cavano tutti egregiamente (meglio che nel disco dei Destruments, che ha in comune la presenza di Othello), tanto più che nell'elenco figura qualcuno dei miei mc's preferiti di sempre - perciò non potrei che dirne bene. C'è anche da aggiungere che non tutte le basi rendono giustizia agli mc's, come ad esempio per "Turn Your Radio Up" e "The Mush", la prima un pochino troppo incasinata e la seconda molto meno originale di quanto ci si potrebbe giustamente aspettare. Il gusto per le belle linee di basso e per delle tastierine strane qua e là sono un tratto distintivo, ma mi sento di dire che da Headnodic mi aspetterei un disco più suo, magari anche solo strumentale, visto che l'apice è raggiunto proprio da un pezzo non rappato che non ha nulla a che vedere col resto del disco. Merita un 3,5, ma con cinque tracce in meno e un po' meno di camaleontismo avrebbe tranquillamente ottenuto un 4.
(da Rapmaniacz)

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