martedì 16 ottobre 2012

John Robinson "Who is this man?" (2009)

Vi ricordate del disco di Robot Koch e John Robinson che ho recensito ormai qualche mese fa proprio su questo blogghettino sfiizioso? No? Beh forse perchè nessuno mi legge e l'ho scritto quasi due anni fa, ma vi giuro che era bello, se avete voglia andatevelo a cercare. In ogni caso, quel disco era una figata e vedeva un John Robinson in forma invidiabile sgambettare felice su delle produzioni super elettroniche con la verve di sempre, per la gioia di grandi e piccini. Qui la verve resta invariata e per certi versi è ancora più splendente, cambiano invece radicalmente i suoni, cambiando il nome del produttore; senza nulla togliere al signor Koch (che per altro ho avuto modo di conoscere personalmente in quel di Ravenna qualche mese fa), questa volta John Robinson ha deciso di alzare un po' il tiro, andando a tirare giù dal letto un nome piuttosto impegnativo: Mf Domm, al secolo Daniel Dumile, mc leggendario che molto spesso si distingue anche per le sue qualità di produttore (prova ne sono i vari Special Herbs e un capolavoro come King Geedorah, interamente prodotto dal mascherato in persona). La presenza dell'uomo mascherato è percettibile non soltanto nelle produzioni, essendo tutto l'album permeato di atmosfere a lui congeniali, a partire dalla grande presenza di intermezzi parlati e presi da Dio solo sa dove, per passare poi all'impostazione “narrativa” di tutto l'album. Il concept è, come il titolo esplicitamente dichiara, un tentativo di presentare al mondo la figura di John Robinson dopo la scomparsa del precedente nickname adottato (lil sci'), utilizzando la tecnica del mockumentary sonoro, oltre che i vari pezzi rappati. Per quanto riguarda il rap io credo sempre che ci sia molto poco da dire riguardo a John Robinson, ha una bellissima voce dal tono piuttosto aspro che imprime un particolare effetto a liriche particolarmente intelligenti e spesso ironiche, la sua capacità di stare sul beat è notevole (per quanto a livello di flow questo sia un disco piuttosto omogeneo, è possibile notare come spesso sia in grado di assumere diverse sfumature a seconda del beat, si senta l'ottima “Rapsploitation”) ed è un vero piacere sentirlo reppare (ma questo succedeva anche ai tempi dei Scienz of Life). La bravura di John Robinson è soprattutto nell'evitare di strafare, fa del gran rap ed evita la trappola dell'eccessivo concettualismo (alla fine questo è un concept album, ma essendo il concept così narrativo lo sforzo richiesto all'ascoltatore risulta davvero tutt'altro che disumano), usando un linguaggio però mai troppo banale. La mancanza di fuoci d'artificio veri e propri dopo un po' si fa sentire, va detto, ma non si toccano mai punte di anonimato, e tutto procede a gonfie vele per tutte le tracce. Più stancante è invece il lavoro richiesto all'orecchio: Doom si è impegnato al massimo nel complicare le cose, le basi sono ricche di elementi, il cinema affiora qua e là così come si sentono le migliaia di dischi che hanno portato il nostro ad avere una biblioteca di suoni decisamente invidiabili, la struttura di ogni beat è imprevedibile, non tanto per la costruzione dei ritmi (abbiamo a che fare col boom bap, da lì non si sfugge) quanto per la scelta di fare in mondo che ogni brano abbia diversi momenti con un diverso accompagnamento sonoro (un po' à la Madvillain, per intenderci). Questo provoca un po' di smarrimento, specie se non siete degli ascoltatori abituali delle produzioni di questo tipo, ma se sopravvivete a questo aspetto vi godrete questo disco dalla prima all'ultima traccia.

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